La categoria sfuggente

 Ieri mi è capitato di intercettare un post di Lella 

"𝘉𝘦𝘭𝘭𝘦𝘻𝘻𝘢 𝘦 𝘷𝘦𝘳𝘪𝘵𝘢̀ 𝘴𝘰𝘯𝘰 𝘶𝘯𝘢 𝘤𝘰𝘴𝘢. / 𝘘𝘶𝘦𝘴𝘵𝘰 𝘦̀ 𝘲𝘶𝘢𝘯𝘵𝘰 𝘴𝘢𝘱𝘱𝘪𝘢𝘮𝘰 𝘴𝘶𝘭𝘭𝘢 𝘵𝘦𝘳𝘳𝘢 / 𝘌 𝘲𝘶𝘦𝘴𝘵𝘰 𝘦̀ 𝘵𝘶𝘵𝘵𝘰 𝘤𝘩𝘦 𝘴𝘢𝘱𝘦𝘳𝘦 𝘪𝘮𝘱𝘰𝘳𝘵𝘢."

— 𝘑𝘰𝘩𝘯 𝘒𝘦𝘢𝘵𝘴

che mi ha fatto ripensare a un vecchio appunto!

 La categoria de* artist* è 𝗶𝗻𝘁𝗿𝗶𝗻𝘀𝗲𝗰𝗮𝗺𝗲𝗻𝘁𝗲 𝘀𝗳𝘂𝗴𝗴𝗲𝗻𝘁𝗲. A differenza di molte professioni, l'artista non si definisce solo attraverso competenze tecniche o risultati misurabili, ma con un 𝗶𝗻𝘁𝗿𝗲𝗰𝗰𝗶𝗼 𝗱𝗶 𝗰𝗼𝗻𝘁𝗲𝘀𝘁𝗼 𝗰𝘂𝗹𝘁𝘂𝗿𝗮𝗹𝗲 𝗲 𝗽𝗲𝗿𝗰𝗲𝘇𝗶𝗼𝗻𝗲 𝗮𝗹𝘁𝗿𝘂𝗶.

 Non è una valutazione ministeriale, né l’interesse del pubblico generalista a sancire la realizzazione di un(’)artista contemporaneo, come dimostra quell’𝗲𝘀𝗲𝗿𝗰𝗶𝘁𝗼 𝗱𝗶 𝗿𝗲𝗶𝗲𝘁𝘁𝗶 (𝗱𝗮 𝘃𝗶𝘃𝗶) 𝗰𝗲𝗹𝗲𝗯𝗿𝗮𝘁𝗶 𝗱𝗼𝗽𝗼 𝗹𝗮 𝗺𝗼𝗿𝘁𝗲… Fuller, Dunham, Vermeer… e pure Keats!

Il riconoscimento da parte dei 𝗽𝗮𝗿𝗶 (altri artisti, curatori, critici, pubblico informato) diventa spesso l'unico 𝗺𝗲𝘁𝗿𝗼 𝗱𝗶 𝗺𝗶𝘀𝘂𝗿𝗮 𝗰𝗿𝗲𝗱𝗶𝗯𝗶𝗹𝗲.

 Non perché i pari siano infallibili, ma perché è l’unica forma di legittimazione che si costruisce nel tempo, nel dialogo, nella pratica. È una 𝗽𝗮𝘁𝗲𝗻𝘁𝗲 𝗰𝗼𝗹𝗹𝗲𝘁𝘁𝗶𝘃𝗮 𝗰𝗵𝗲, anche se non formalizzata, 𝗱𝗮̀ 𝘀𝗲𝗻𝘀𝗼 𝗲 𝗽𝗲𝘀𝗼 𝗮𝗹𝗹𝗮 𝗽𝗿𝗮𝘁𝗶𝗰𝗮 𝗮𝗿𝘁𝗶𝘀𝘁𝗶𝗰𝗮.

 Le compagnie colpite dai tagli ministeriali continueranno a produrre, in un modo o nell’altro.

𝗡𝗲 𝘀𝗼𝗻𝗼 𝗰𝗲𝗿𝘁𝗼.

Ma il sostegno delle istituzioni è fondamentale. Per tante ragioni.

 Qui abbiamo dei giovani hanno creduto di poter far la differenza in un territorio che da cinquant’anni ripeteva:

“𝘯𝘰𝘯 𝘤’𝘦̀ 𝘮𝘢𝘪 𝘯𝘪𝘦𝘯𝘵𝘦 𝘥𝘪 𝘣𝘦𝘭𝘭𝘰 𝘰 𝘪𝘯𝘵𝘦𝘳𝘦𝘴𝘴𝘢𝘯𝘵𝘦 𝘥𝘢 𝘧𝘢𝘳𝘦.”

𝑺𝒊𝒂𝒎𝒐 𝒔𝒕𝒂𝒕𝒊 𝒏𝒐𝒊 𝒆 𝒍𝒆 𝒏𝒐𝒔𝒕𝒓𝒆 𝒑𝒐𝒍𝒊𝒕𝒊𝒄𝒉𝒆 𝒂 𝒄𝒐𝒏𝒗𝒊𝒏𝒄𝒆𝒓𝒍𝒊! 𝑨 𝒄𝒐𝒔𝒂 𝒔𝒆𝒓𝒗𝒊𝒗𝒂𝒏𝒐 𝒕𝒖𝒕𝒕𝒊 𝒊 𝒑𝒓𝒐𝒈𝒓𝒂𝒎𝒎𝒊 𝒑𝒆𝒓 𝒊𝒍 𝒓𝒊𝒕𝒐𝒓𝒏𝒐 𝒅𝒆𝒊 𝒕𝒂𝒍𝒆𝒏𝒕𝒊 𝒔𝒆 𝒏𝒐𝒏 𝒂 𝒒𝒖𝒆𝒔𝒕𝒐!

 Qui ci sono giovani che per tanti anni abbiamo sperato che tornassero — o arrivassero — sull'isola.

 Qui ci sono giovani che chiedono trasparenza ed equità: “𝗖𝗼𝗻𝗱𝗶𝘇𝗶𝗼𝗻𝗶 𝗺𝗶𝗻𝗶𝗺𝗲 𝗽𝗲𝗿 𝗴𝗮𝗿𝗮𝗻𝘁𝗶𝗿𝗲 𝗰𝗿𝗲𝗱𝗶𝗯𝗶𝗹𝗶𝘁𝗮̀ 𝗮𝗹 𝘀𝗶𝘀𝘁𝗲𝗺𝗮", ha ricordato in un'intervista Sardegna Teatro

 Qui ci sono giovani — e meno giovani — che hanno dimostrato che “𝗶𝗻𝘁𝗲𝗿𝗴𝗲𝗻𝗲𝗿𝗮𝘇𝗶𝗼𝗻𝗮𝗹𝗲” 𝗲̀ 𝘂𝗻𝗮 𝗽𝗮𝗿𝗼𝗹𝗮 𝗰𝗵𝗲 𝗻𝗼𝗻 𝗲̀ 𝗻𝗲𝗰𝗲𝘀𝘀𝗮𝗿𝗶𝗼 𝗮𝘀𝘀𝗼𝗰𝗶𝗮𝗿𝗲 𝗮 “𝗰𝗼𝗻𝗳𝗹𝗶𝘁𝘁𝗼”.

 Sì, sono fazioso.

E sì, i grandi numeri (e il mercato) non giocano nella nostra squadra. Ma...

 𝘔𝘪 𝘰𝘱𝘱𝘰𝘯𝘨𝘰, 𝘴𝘪𝘨𝘯𝘰𝘳 𝘨𝘪𝘶𝘥𝘪𝘤𝘦!

Non accetto che siano i numeri — parziali e scollegati dal reale impatto — a decidere il destino di un comparto che ha 𝗴𝗶𝗮̀ 𝗱𝗶𝗺𝗼𝘀𝘁𝗿𝗮𝘁𝗼 𝗱𝗶 𝗽𝗼𝘁𝗲𝗿 𝗳𝗮𝗿𝗲 𝗹𝗮 𝗱𝗶𝗳𝗳𝗲𝗿𝗲𝗻𝘇𝗮 𝗻𝗲𝗹 𝗽𝗮𝗻𝗼𝗿𝗮𝗺𝗮 𝗻𝗮𝘇𝗶𝗼𝗻𝗮𝗹𝗲.

 Quei numeri disegnano i confini di una Sardegna 𝘀𝘃𝘂𝗼𝘁𝗮𝘁𝗮 𝗲 𝘀𝗳𝗿𝘂𝘁𝘁𝗮𝘁𝗮, 𝗳𝗮𝗻𝗮𝗹𝗶𝗻𝗼 𝗱𝗶 𝗰𝗼𝗱𝗮 𝗲 𝗹𝗮𝗯𝗼𝗿𝗮𝘁𝗼𝗿𝗶𝗼 (non subisco più il fascino di questa parola) 𝗽𝗲𝗿 𝗲𝘀𝗽𝗲𝗿𝗶𝗺𝗲𝗻𝘁𝗶 𝘀𝗼𝗰𝗶𝗮𝗹𝗶.

 Sarà che sono reduce da una doppietta de “𝘐𝘭 𝘥𝘪𝘴𝘤𝘰𝘳𝘴𝘰 𝘥𝘪 𝘳𝘦” di Hooper, ma credo che quella che stiamo vivendo in questo momento sia una di quelle rare occasioni in cui, messi alla prova, 𝘀𝗮𝗿𝗲𝗺𝗼 𝗶𝗻 𝗴𝗿𝗮𝗱𝗼 𝗱𝗶 𝗱𝗮𝗿𝗲 𝗶𝗹 𝗺𝗲𝗴𝗹𝗶𝗼 𝗱𝗶 𝗻𝗼𝗶.

#posività #ottimismo 

ma anche #tagliministeriali #danza #sardegna

#cultura #resistenzaculturale #tagliallacultura #danzacontemporanea #politicaculturale

S'ALA / spazio per artist+ 

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