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Wild Nights with Emily

Immagine del redattore: Tonito SolinasTonito Solinas

Aggiornamento: 19 giu 2022


Wild Nights with Emily è uno di quei rari esempi in cui una visione in netto contrasto con le posizioni mainstream viene offerta in totale assenza di polemica.

Come ha ben riassunto Luisa Cutzu nella sua recensione, il film rivoluziona e mette all’angolo la superficiale e (per essere gentili) artificiosa ricostruzione che gli studiosi ingessati dei circoli accademici hanno fatto di #EmilyDickinson nel corso degli anni. Anzi, forse questo non è proprio il modo corretto per dirlo perché l’eleganza del film non mette all’angolo il pugile avversario, ma ne fa dimenticare l’esistenza.

Il fatto che il film non abbia avuto un grande budget a disposizione rende ancora più preziosa l’opera, arricchita dall’ironia della scrittura, dal talento indiscutibile delle attrici e dall’attenzione per i personaggi.

Ieri dalla conversazione è emerso però un elemento che io trovo molto più potente del ribaltamento di prospettiva: la volontà non tanto di restituire una dimensione queer al personaggio storico, ma piuttosto di restituire alle donne la loro narrazione nella Storia.

Un approccio che mi piacerebbe vedere più spesso al cinema e in TV.

Improvviso e brutale (lo dico come spettatore che si stava godendo la visione!) la scoperta della malattia di Emily e la sua scomparsa.

Ma un passo necessario per introdurre due doppie scene, a mio avviso, tra le più incisive della mia esperienza di spettatore.

La prima: Derrick T Tuggle sulla sinistra e #MollyShannon sulla destra che intrecciano i versi di “I Died For Beauty”.

La seconda: Sue che lava il corpo di Emily sulla sinistra e a destra Mabel che cancella il nome di Sue dalle lettere.

P-O-E-S-I-A-P-U-R-A

Meravigliosa Madeleine Olnek

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