Alessandro Carta @ Il Baretto di Porto Ferro
- Tonito Solinas
- 31 gen 2024
- Tempo di lettura: 1 min
Dalla tasca interna di una borsa, salta fuori una montagna di foglietti.
Anche se con grande ritardo, condivido.
*** Folla per il folle ***
Ricordo quando, oltre dieci anni fa, leggevo di un gruppo “votato al sortilegio della musica” e di cui, con un po’ di fatica, ero riuscito a recuperare il bestiario musicale. Una bomba! E una voce di rara intensità.
Io, prima di incontrarlo di persona, mi ero sempre immaginato Alessandro Carta come uno spiritello terribile e indomabile. Un arciere esperto. Quattordici frecce. Premevo PLAY e lo immaginavo tendere la corda, il fusto della freccia immobile, il fiato trattenuto. Poi un soffio leggero e STAC! Il caos!
Oggi, in questa sera di fine estate, sono tornato indietro a quei momenti.
Un corpo emerge dal buio, fischietta sonorità impossibili mentre le onde si infrangono a qualche metro di distanza.
Urla.
Gli strumenti, armi mistiche.
Hmmm ma questa…?!? “Allo schiaffo che ti do l'altro te lo darà il buio”.
Godo.
La serata si snoda tra talami di quercio, un “Si va via sempre così”, un cambio d’abito, un satiro, un cajón, un po’ di body percussioning, un “pazienza”, un “passa l’amore”, le claquettes sotto le suole.
Un’anima bellissima e tormentata.
Il progetto musicale è un buon vino da meditazione.
È complesso, ricco, ma poco intelligibile per un orecchio disattento.
Richiede (e merita) attenzione e tempo per decantare.
Si può discutere sui dettagli, sulle strutture, sulle intenzioni, su come potrebbe modulare, riorganizzare, sviluppare.
Ma resta il fatto che ascoltare Alessandro e vederlo sul palco è una goduria pazzesca.
Foto di Simone Maulu rubata (sorry!)






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